Corso di estetica della musica a.s.2011 Prof.Andrea Clemente Potami

Le strade della nuova musica

Il sistema tonale, che aveva dominato per circa due secoli la tecnica compositiva occidentale, era giunto nel tardo Ottocento a un'irrimediabile saturazione: esagerando un poco, si può dire che ormai ci si era spinti sino ai confini della tonalità, dato che al suo interno tutte le strade erano state esplorate. Urgeva cercare nuove possibilità musicali; gli anni a cavallo tra Otto e Novecento, caratterizzati proprio da tale ansia di rinnovamento, vennero quindi percepiti dai contemporanei come periodo della Musica Moderna, fremente di novità. Le vie d'uscita dalla tonalità erano ovviamente molteplici.
Alcuni compositori non sembrarono allontanarsi troppo dalla tonale terra d'origine: essi compirono solo alcune sortite nel territorio circostante per acquisire materiali musicali ancora incontaminati. Ad esempio, Musorgskij, Janacek, Bartok e - in parte - Stravinskij attinsero al folklore dei loro paesi, mentre Debussy si rivolse al patrimonio musicale orientale e all'antica modalità ecclesiastica. Altri invece, come Schonberg e i suoi allievi Berg e Webern, si incamminarono decisamente verso strade nuove: tagliando tutti i ponti con il passato tonale essi giunsero ad una completa atonalità, poi codificata per mezzo del sistema dodecafonico.
In qualsiasi direzione si muovessero, dentro o fuori dalla tonalità, i compositori tende vano comunque a procedere in piccoli gruppi, dietro un leader riconosciuto ed esprimen do spesso le loro idee in un manifesto programmatico. Vedremo i Cinque russi, i Sei francesi, i futuristi italiani, la Seconda scuola di Vienna, la scuola di Darmstadt, e via segui tando con gruppi e gruppuscoli della musica contemporanea.
Il pensiero musicologico vigente sino a qualche tempo fa considera va l'opzione schonberghiana come la più coerente e gravida di futuro: il confine della Nuova Musica veniva dunque tracciato intorno all' anno 1910, quando Schonberg e la sua scuola scrissero le prime composizioni atonali.
Eppure, fin dagli anni '50 del nostro secolo ci si rese conto che, par tendo per questa sua avventura, Schonberg si era portato appresso molti elementi fondamentali del sistema musicale antico (strutture formali, metriche, ritmiche, ecc.) e che in fondo la sua concezione della musica in quanto tale non differiva poi troppo da quella tradizionale; soltanto Webern era riuscito ad impiantare la sua musica su basi tecniche in gran parte veramente nuove.
Ma un' altra considerazione andò man mano rivelandosi in tutta la sua importanza: tra i materiali nuovi che gli altri compositori - quelli considerati meno 'progressisti' - avevano estratto dalle musiche etniche, orientali o antiche ve ne erano alcuni dalla carica davvero dirompente, che negava fin dalle radici la concezione musicale occidentale.
Il primo fra questi è la negazione del concetto di musica come divenire, come processo che si realizza nel tempo: dalle musiche 'altre' proveniva una visione statica della musica, come vicinanza di colori e di superfici, al pari di un quadro, in cui la successione temporale non fa che esporre ciò che come risultato è simultanea; una musica in cui  non esiste 'fine': il pezzo cessa come il quadro da cui si distoglie l'at tenzione. Questa concezione fondamentalmente 'atemporale' della musica fu coltivata soprattutto nel mondo francese (mentre quella opposta rientrava in pieno nella tradizione germanica): la ritroviamo tanto in Debussy e in Satie (molto meno in Ravel), quanto in Stravinskij, un russo che gravitò per lungo tempo intorno a Parigi.


L'arrestarsi dello scorrere del tempo come fattore determinante della musica ebbe altre due conseguenze notevolissime. In primo luogo (come parallelamente avveniva anche in Webern) si prestò particolare attenzioe al suono singolo, sciolto da ogni legame con un prima e con un poi: il timbro acquistò dunque un ruolo rilevantissimo (anche in questo Debussy fu maestro).
In secondo luogo, il considerare la musica come oggetto sonoro da costruire con rigore artigianale e non come parabola di sentimenti umani portò ad una programmatica spersonalizzazione della musica: bandita ogni pretesa di metafisica, essa si trasformò in un astratto gioco meccanico, specchio impietoso e ironico degli implacabili ingranaggi che regolano la stessa vita umana.
In questo atteggiamento antiromantico e disincantato sono accomunati Satie, Ravel e Stravinskij: tre compositori fino a qualche tempo fa trascurati (Satie) o bollati come 'reazionari' (Ravel e Stravinskij) da una critica che non comprendeva come questa posizione fosse ancor più potenzialmente antitradizionale dell' atonalità schonberghiana.
Il confine musicale tra Ottocento e Novecento è dunque assai controverso: se dal punto di vista tecnico, come abbiamo detto sopra, potrebbe essere collocato attorno al 1910, dal punto di vista estetico andrebbe posticipato agli anni intorno al 1920, quando il Neoclassicismo (questa seconda estetica di marca francese) andò sostituendosi all'Espressionismo (estetica 'impegnata' austrotedesca).
Se, edipicamente, ogni generazione deve rinnegare i propri padri, la generazione uscita dagli orrori della seconda guerra mondiale volle rinnegare tutto, proprio tutto di ciò che l'aveva preceduta e ripartire da zero. Poiché, naturalmente, ciò non è letteralmente possibile, i giovani compositori del dopoguerra ricavarono la loro parte di eredità un po' a corrente 'tedesca', un po' da quella 'francese'; in ogni caso, però, cancellarono qualsiasi cosa potesse aver sapore di retorica e di soggetto romantico. Ecco allora che l'Io creatore venne sostituito dal calcolo numerico o addirittura dal caso; agli strumenti suonati dall'uomo - affiancarono suoni e rumori registrati o creati elettronicamente; si mise in discussione perfino la differenza della musica dai rumori ambientali, mai rivoluzione più totale era forse avvenuta nella storia della musica.
Ricostruire qualcosa che sostituisse il sistema tonale si era fatto molto difficile. Più voci si levavano a preconizzare la morte dell'arte, sia perché non era più possibile godere di leggiadre creazioni artistiche dopo quanto era successo, sia perché si percepiva un'invalicabile barriera di incomunicabilità fra gli esseri umani, che si traduceva in campo musicale in una netta frattura tra musicisti e pubblico. Si avvertiva anche il rischio che, nell'incombente società di massa, la stessa musica 'colta' si riducesse a puro prodotto commerciale, mercificata come la musica leggera.
Dopo anni roventi di polemiche ideologiche, pian piano si è arrivati alla conclusione che forse ricostruire un nuovo linguaggio è inutile: la dissoluzione della tonalità ha eliminato anche l'esigenza di un unico sistema di riferimento tecnico e stilistico che sia valido per tutti. In un' epoca in cui impera il relativismo culturale e in cui il pluralismo delle opinioni è considerato un valore inalienabile, ogni tentativo di costruire un qualsivoglia sistema chiuso e vincolante cade sotto il sospetto di integralismo e di totalitarismo. Di volta in volta, a seconda del materiale musicale che si trova a trattare, il compositore formula le regole del gioco a cui attenersi; regole la cui validità può anche cessare non appena conclusa la costruzione di quella particolare musica. Anche la scelta del materiale è assolutamente libera: ormai, dopo quasi un secolo dal superamento della tonalità, perfino i materiali tonali ove non adoperati, è ovvio, con fini restaurativi - possono essere usati senza paura del loro pungiglione ideologico, a fianco di materiali di tutti i tipi.
C'è però un pesante rovescio della medaglia: se ognuno che parla si crea la sua lingua personale, non può aspettarsi che gli altri lo comprendano, poiché l'unico in grado di capire ciò che sta dicendo è solo lui stesso. Allora, proprio negli anni in cui il mondo si trasforma in un villaggio globale, i musicisti 'colti' si arroccano nelle loro piccole, personali torri d'avorio stilistiche, rifiutando di fatto la concezione di musica come comumcazione.
Il terzo millennio offre dunque ai compositori la prospettiva più ampia di cui abbiano mai goduto nella storia della musica, di una vastità quasi spaventevole. Ma nel contempo richiede ad essi una onerosa responsabilità: se vogliono crearsi da sé le proprie leggi, non devono ignorare la storia da cui provengono, per non dimenticare di essere uomini fra gli uomini.


COLLEGAMENTI

Guido Barbieri "Il pensiero musicale del Novecento" (conferenza sulla musica contemporanea all'Auditorium del parco della musica di Roma)

 Enzo Restagno “Stravinskij e Schönberg”(conferenza sulla musica contemporanea all'Auditorium del parco della musica di Roma)

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