Corso di estetica della musica a.s.2011 Prof.Andrea Clemente Potami

mercoledì 9 febbraio 2011

Hanslick e il formalismo



Nell'ambito del movimento romantico, pur nella grande varietà di atteggiamenti e di concezioni, sostanzialmente vi era stata una totale convergenza sui problemi di fondo; nessuna voce veramente discorde s'era levata, capace di opporsi alla concezione della musica dominante da oltre mezzo secolo. E' vero che già in Hegel, in Schopenhauer, e in altri pensatori si possono individuare germi tali che, sviluppati, avrebbero potuto condurre ad una concezione formalistica e intellettualistica della musica, ma bisognava giungere sino alla metà dell'Ottocento con Eduard Hanslick, perché questi germi si sviluppassero e si concretassero in un pensiero coerente; siamo ormai all'inizio della parabola conclusiva dell'esperienza romantica. Wagner con la sua opera di musicista, con il suo pensiero, resta a simboleggiare il culmine, ma anche tutta la residua morbosità, stanchezza e malattia dell'ultimo romanticismo, come ha messo bene in luce Nietzsche tra i motivi del suo disaccordo con Wagner. Hanslick sta a rappresentare l'anti-Wagner per eccellenza, la prima violenta e radicale reazione al romanticismo, alla concezione della musica come espressione di sentimenti o di qualsiasi altro contenuto.
Nella prima metà dell'Ottocento le fonti del pensiero musicale sono state quanto mai varie; si è ricorso a testi di filosofi, letterati, musicisti, romanzieri, critici, ecc. Se qualcosa poteva accomunare tra loro queste diverse categorie di persone era forse proprio il fatto che nessuna di esse esercitava la professione di musicologo, per usare una parola non ancora coniata in quei tempi; insomma una caratteristica delle concezioni della musica di questo periodo era il loro
nascere un po' casualmente, come appendice ad altre attività di pensiero. Di qui il carattere un po' dilettantesco, impreciso, estemporaneo di una parte della letteratura musicale della prima metà dell'Ottocento.

La personalità di Hanslick presenta, già nei dati biografici esteriori, qualcosa di nuovo e di diverso rispetto ai suoi immediati predecessori. Nato a Praga nel 1825, fu un critico musicale di professione. Collaboratore della« Wiener Zeitung» e poi della «Neue Freie Presse», esercitò tutta la vita la critica militante; non solo, ma scrisse numerosi volumi relativi a problemi di storia della musica, tra cui nel 1854 il suo celebre saggio Il bello musicale, e molto piti tardi una monumentale storia dell'opera; nel frattempo fu nominato professore all'università di Vienna di estetica e di storia della musica. Questi dati, in sé prh;~i di importanza, ci permettono però di cogliere un fatto molto importante: l'angolo visuale da cui si osservano i problemi della musica è mutato; si potrebbe dire, ma non in senso negativo, che Hanslick è affetto dalle deformazioni professionali. In altre parole Hanslick parla di musica da competente e profondo conoscitore di tutti i suoi problemi, e questo fatto è già di per sé sufficiente a dare ai suoi scritti un tono completamente diverso; non piti l'atteggiamento letterario, l'entusiasmo un po' retorico e ingenuo di chi vi si accosta dal di fuori, il linguaggio metaforico e fantasioso. In Hanslick si trova la concisione del tecnico, la freddezza analitica dello studioso, la precisione di linguaggio di chi è solito esaminare problemi ben definiti. Ma il diverso atteggiameno di Hanslick non è addebitabile solamente alla sua professione, che appena allora stava nascendo e sviluppandosi, ma soprattutto alla sua formazione culturale; e qui si entra nel vivo del suo pensiero.
Il saggio Il bello musicale rivela ad una attenta lettura due fonti d'ispirazione, una piu diretta, la filosofia di Herbart, L: una piti indiretta, ma forse piti importante, cioè La critica del giudizio di Kant. La filosofia e l'estetica di Herbart rappresentarono la prima reazione all'idealismo romantico di Hegel, Schelling, ecc., ed è nel clima della sua scuola che si è formato il pensiero di Hanslick.

Quando Herbart afferma che l'arte è forma e non più espressione, e che il suo valore consiste nelle relazioni formali presenti all'interno dell'opera, individuabili empiricamente, mentre tutti gli altri contenuti emotivi o sentimentali presenti nell'opera d'arte non devono influenzare il giudizio estetico, fondato unicamente sulla forma, è per concludere che in ogni arte si dovrà cercare solamente quegli elementi formali propri di quell' arte, abbandonando nel giudizio aggettivi come «patetico», «nobile», «grazioso», «solenne », che si richiamano unicamente a generiche emozioni soggettive e non colgono la specificità delle forme artistiche (Introduzione alla filosofia). Questi concetti basilari dell' estetica herbartiana sono stati accolti e rielaborati da Hanslick con maggiore acutezza e sensibilità artistica col proposito di svilupparli per un' estetica musicale.

Perché Il bello musicale come titolo dello snello libretto di Hanslick? Esiste una bellezza specifica della musica, separata dalla categoria universale della bellezza? Già il titolo è dunque fortemente polemico. Contro tutto il movimento romantico che aveva aspirato all'unificazione di tutte le arti, che aveva considerato la bellezza come una categoria dello spirito, presente in misura maggiore o minore in tutte le arti, Hanslick afferma fin dal titolo che esiste una bellezza propria della musica che non s'identifica con gli elementi della bellezza delle altre arti: se Schumann aveva detto che «l'estetica di un' arte è quella dell' altra, soltanto il materiale è diverso », Hanslick ribatte che l'estetica di un' arte è del tutto differente da quella delle altre arti, perché il' materiale è diverso; «le leggi del bello in ogni arte sono inseparabili dalle carattpistiche particolari del suo materiale, della sua tecnica» 1. E chiaro che alla base di questa affermazione sta il concetto fondamentale del pensiero di Hanslick, cioè l'identificazione della musica con la sua tecnica; la tecnica musicale non è piu un mezzo per esprimere sentimenti, per conoscere l'assoluto o suscitare emozioni, ma è la musica stessa e null'altro. Risulta così eliminata ogni tentazione di stabilire delle gerarchie di valore tra le arti: se la musica è autonoma, se ha valore in sé, e non esprime nulla fuori di sé e cosìI d'altronde tutte le altre arti - ogni ricerca estetica in un determinato settore artistico sarà incommensurabile rispetto ad un' altra; nessun' arte potrà piu vantare privilegi perché ognuna possiederà una bellezza sua peculiare. Il primo passo è stato fatto; da questo momento gli ideali romantici incominciano a vacillare; si sono gettate le basi per una nuova estetica della forma e non piu del sentimento.
Il valore dell' opera di Hanslick è soprattutto polemico; la parte destruens prevale nettamente sulla parte construens, come riconosce l'autore stesso; ma è forse questo aspetto che la rende cosi viva e stimolante, e che ha attirato su di essa tante appassionate critiche come esaltazioni inconsiderate.
Il primo bersaglio è, come si è detto, l'estetica del sentimento e in particolare l'estetica wagneriana, che a quei tempi la sintetizzava in modo esemplare; in altre parole è l'estetica musicale romantica che combatte Hanslick, insieme all'estetica dei dilettanti e degli incompetenti (la relazione tuttavia è implicita!) Infatti tutto il suo discorso è animàto da uno spirito di obbiettività scientifica, da un atteggiamento analitico piuttosto che sistematico: «l'indagine del bello se non vuoI diventare affatto illusoria, dovrà avvicinarsi al metodo delle scienze naturali ... », e ancora: «!'impulso verso una conoscenza il piu possibile obbiettiva delle cose, che nella nostra epoca agita tutti i campi del sapere, deve necessariamente toccare anche l'indagine del bello» . Dopo queste premesse, che non rappresentano nulla piu che un atteggiamento polemico, Hanslick entra nel vivo del problema quando afferma che sinora nel campo degli studi musicali si è separato nettamente l'esposizione delle «regole teoricogrammaticali dalle ricerche estetiche», cercando di «mantenere le prime quanto piu possibile aridamente intellettuali, le seconde lirico-sentimentali», e soggiunge ironicamente: «Il porsi chiaramente di fronte alla materia musicale come ad un bello particolare ed a sé stante è risultato finora per l'estetica musicale uno sforzo troppo grave». L'unificazione dei due piani, quello teorico-grammaticale e quello liricosentimentale, può avvenire soltanto rifiutando alla musica qualsiasi contenuto emotivo, qualsiasi potere rappresentativo, qualsiasi rapporto con stati sentimentali. La musica è pura forma e non ha in quanto bellezza alcuno scopo, afferma kantianamente Hanslick; questo non significa tuttavia che la musica non possa essere in un qualche rapporto con i nostri sentimenti e che non susciti in noi nessuna emozione; ma questi effetti sono «secondari», non riguardano il suo valorc artistico. Non si caratterizza estcticamentenessuna arte, e nemmeno la musica, attraverso i suoi effetti sul nostro sentimento: «se dunque si tratta la musica come arte, bisogna riconoscere come sua istanza estetica la fantasia e non il sentimento» . La fantasia è l'organo specifico dell'arte, e attraverso di essa Hanslick vuole superare l'antitesi romantica tra intelletto e sentimento: come organo di produzione e di contemplazione dell'arte tuttavia non è un «campo chiuso»: «di fronte al bello la fantasia non è un puro e semplice contemplare", ma un contemplare , con" intelletto ", e cioè rappresentazione e giudizio»; la fantasia «come trae le sue scintille vitali dalle sensazioni, così manda i suoi raggi all'attività dell'intelletto e del sentimento» .
Alla luce di queste precisazioni Hanslick può ora affrontare il problema fondamentale del contenuto e del significato della musica. Si è già detto che la musica non esprime sentimenti né descrive alcunché; infatti la «determinatezza dei sentimenti non può essere disgiunta da concrete rappresentazioni e concetti, i quali non rientrano nella capacità espressiva della musica» . Quale sarà allora il suo contenuto? Hanslick risponde che le idee espresse dal compositore «sono anzitutto e soprattutto puramente musicali» . Tuttavia la musica è in un particolare rapporto con il nostro mondo emotivo, cioè può rappresentare la «dinamica» dei sentimenti. La musica può «imitare il moto di un processo psichico secondo le sue diverse fasi: presto, adagio, forte, piano, crescendo, diminuendo. Ma il movimento non è che una particolarità del sentimento, non il sentimento stesso» . Sarebbe improprio chiamarla una relazione di rappresentazione; sarebbe piu giusto dire che la musica è in relazione «simbolica» coi sentimenti. La musica può simboleggiare, nella sua autonomia, la forma del sentimento, cioè il suo movimento dinamico, il suo crescere e diminuire, il suo rafforzarsi e addolcirsi, ma nulla piu. Non va confuso pertanto questo concetto con la rappresentazione di sentimenti indeterminati, il che è una contraddizione in termini; ogni attività artistica «consiste nell'individualizzare, nel plasmare il definito dall' indefinito, il particolare dal generale» . La riprova di queste affermazioni si può avere alterando il testo della celebre aria di Gluck «J'ai perdu mon Eurydice ... », da tutti citata come un esempio di espressione musicale di drammatica collera, in «J'ai trouvé mon Eurydice ... » La musica accompagnerà ugualmente bene i due testi opposti, proprio perché in realtà la musica non esprime la collera di Orfeo che ha perduto Euridice, ma null'altro che un movimento rapido e appassionato che può adattarsi altrettanto bene alla collera come ad un'intensa gioia. È naturale che la vera musica, l'unica autentica, quella cui vanno tutte le sue preferenze, è pur sempre quella strumentale. L'opera, come tutta la musica vocale, è un genere ibrido in cui nei casi piu felici finisce per prevalere la musica sul testo. L'opera è sempre l'espressione di un conflitto tra due principi, quello drammatico e quello musicale, che s'intersecano' senza potersi mai fondere; «è la lotta tra il principio dell' esattezza drammatica e quello della bellezza musicale, un incessante concedere all'uno o all'altro». È naturale che abolendo la gerarchizzazione delle arti e quindi qualsiasi interferenza fra esse, Hanslick debba concludere che l'opera è il frutto di un compromesso, come lo attestano le continue polemiche e i tentativi di riforma nella sua storia: dal momento che la bellezza musicale è autonoma la musica si mescola sempre con una certa fatica e artificiosità alle altre arti. Non si può fare a meno a questo proposito di ricordare Schopenhauer, il cui pensiero presenta evidenti analogie con quello di Hanslick, tanto da far pensare che quest'ultimo avesse letto Schopenhauer e se ne fosse ispirato. Già per Schopenhauer la musica non doveva né poteva essere descrittiva, ed egli ne condannava l'ascolto emotivo; non solo, ma quando affermava che la musica ci dà l'in sé del sentimento, in abstracto, cioè la forma del sentimento (il che non significa che ci dia il sentimento secondo una determinazione maggiore o minore) non esprimeva forse il concetto che la musica rappresenta la dinamica, la forma dei nostri sentimenti, come dirà poi più chiaramente Hanslick? Ma questa interessante e indubbia coincidenza tra queste due personalità per altro cosi lontane si limita a questo punto, anche se di importanza notevole; per il resto sitratta di un ben diverso atteggiamento culturale.

Nel terzo capitolo del Bello musicale, la parte piti positiva e costruttiva del volumetto, Hanslick si pone la domanda «di che natura sia il bello musicale». E'un bello «specificamente musicale», risponde tautologicamente; ma subito aggiunge: «lo "specificamente musicale" non è per nulla da intendersi come bellezza puramente acustica o come simmetria proporzionale ... tutte definizioni con le quali di solito si mette in evidenza la mancanza di spiritualità» Il. Con questo chiarimento Hanslick supera l'estetica formalistica di Herbart, secondo cui la forma musicale consisteva unicamente in rapporti acustici verificabili anche matematicamente. Per Hanslick «le forme che i suoni producono non sono vuote, ma riempite; non sono semplici contorni di un vuoto, ma spirito che si plasma interiormente». Il contenuto spirituale viene dunque «postulato come esigenza». Hanslick parlerà di arabesco a proposito della musica, ma alla luce di que~ ste precisazioni è chiaro che si tratta di una metafora, anche se spesso questo termine è stato frainteso con un'interpretazione letterale. Arabesco, dunque, ma pieno di significato e di idee: «nella musica c'è senso e logica, ma "musicali"» . Anche se il primo proposito di un musicista che si mette al lavoro non è quello di rappresentare una passione, ma di inventare una melodia, pertanto le opere rispecchieranno simbolicamente «come immagine totale la individualità dei loro creatori», anche se sono state composte «senza altro [inl: che se stesse, come bellezza autonoma e puramente musicale»". Non si può distinguere tra forma e contenuto nella musica; tutto è forma, lo spirito creatore si deve risolvere totalmente in essa per essere tale; non si distingue bella musica con o senza contenuto spirituale; la forma artistica non è un qualcosa che attende di essere riempito da un altro elemento: le composizioni non si dividono «in bottiglie di Champagne vuote e piene. Lo Champagne musicale ha la caratteristica di crescere con la bottiglia». In questa prospettiva la musica si differenzierà cosi profondamente dalla struttura del linguaggio comune, il quale è un mezzo per l'espressione ed ha un valore strumentale; nel linguaggio il suono è solo un segno per esprimere «qualcosa di completamente estraneo a questo mezzo», mentre nella musica il suono ha importanza di per sé, cioè «è scopo a se stesso». La musica non rimanda mai ad altro da sé, cioè pur essendo significativa esaurisce in sé i suoi significati; tutto ciò che vi è in essa si risolve in musica. Di fronte a questa differenza fondamentale qualsiasi analogia tra musica e linguaggio perde significato. (Quante volte questi concetti verranno ripresi e sviluppati da autori contemporanei, spesso ignari della derivazione del loro pensiero!) La musica è dunque un' arte asemantica nel senso che è intraducibile nel linguaggio ordinario, anche se non è un «gioco vuoto», anche se «pensieri e sentimenti scorrono come sangue nelle vene del bello e ben proporzionato corpo sonoro» .

Tutta una serie di problemi in parte nuovi per l'estetica musicale sorgono ora dal testo di Hanslick. La questione piti importante, lasciata aperta e non del tutto risolta, riguarda il valore della struttura logico-grammaticale della musica; se cioè il complesso di regole che reggono la costruzione musicale sono convenzionali, prodotto storico, soggetto a mutamenti nella storia, o se possiedono una loro natura indipendente dai fattori storici, cioè una loro eterna ed intrinseca razionalità. In una prospettiva rigorosamente formalista si dovrebbe necessariamente concludere in favore della storicità e pluralità delle tecniche musicali. La musica è un'invenzione di forme sempre nuove, in cui s'incarna l'individualità creatrice, e non avrebbe senso che queste forme avessero una struttura preesistente, ed anche se l'avessero sarebbe assurdo pensare che essa potesse avere un qualsiasi significato per il musicista. Questo è infatti il punto di vista predominante nel pensiero di Hanslick, sviluppato in tutte le sue conseguenze. Se le forme musicali sono una invenzione, esse sono un prodotto storico, e come tale soggetto ad invecchiamento ed esaurimento; ecco ciò che scrive Hanslick nella prefazione del suo studio L'opera moderna contro la retorica dell'eternità dell'opera d'arte: «lI celebre assioma secondo cui il "vero bello" (e chi è giudice di questa qualità?) non può perdere mai del suo fascino, neppure dopo lunghissimo tempo, è per la musica poco piu di un bel modo di dire, La musica è come la natura, che ad ogni autunno fa imputridire un mondo pieno di fiori, dal quale nascono nuovi germogli. Ogni composizione musicale è opera umana, prodotto di una determinata individualità, epoca e cultura, e quindi sempre compenetrata di elementi soggetti ad una piu rapida, o piu o meno lenta, mortalità»; analogamente scrive ne Il bello musicale: «non c'è nessun'arte che metta fuori uso tante forme, e cosi presto, come la musica. Modulazioni, cadenze, progressioni d'intervalli, concatenazioni di armonie, si logorano a tal punto in cinquant' anni, anzi in trent'anni, che il musicista di gusto non può piu servirsene ed è costretto a cercare nuovi mezzi musicali» . Questi concetti che sono perfettamente coerenti con tutta l'estetica formalistica di Hanslick, hanno potuto servire a molti critici ancora oggi come base metodologica per l'interpretazione della storia della musica e della sua evoluzione, considerata proprio come un progressivo «consumarsi» di forme e procedimenti tecnici, il che le impone un continuo rinnovamento e ringiovanimento. Coerentemente a questi concetti Hanslick riconosce il carattere d'invenzione e di non necessità ai singoli elementi tecnici della musica: melodia e armonia non hanno modelli in natura e il ritmo musicale è altra cosa da eventuali fenomeni ritmici presenti nella natura: anche l'armonia che sembra possedere un' origine naturale sulla base dei suoni armonici, viene da Hanslick ricondotta ad un'origine storica e culturale. Non esiste dunque nulla di innato, e le leggi non sono naturali ma musicali, per cui ci si deve guardare «dal credere che questo (attuale) sistema musicale sia l'unico naturale e necessario» .
A queste conclusioni cosi chiare e perentorie sulla storicità - da non confondersi, si badi bene, con convenzionalità o artificialità - della tecnica, purtroppo Hanslick non si attiene sempre in modo rigoroso, e qua e là il suo testo è cosparso di affermazioni che lasciano interdetti, come quando parla di «rapporti originari degli elementi musicali» o di «segrete relazioni ed affinità elettive basate su leggi naturali», le quali «dominano il ritmo, la melodia e l'armonia ... e bollano di arbitrio e di bruttezza ogni rapporto che a loro contraddica». Ma si è ancora piu interdetti quando Hans lick avanza l'esigenza di uno studio della «natura di ogni singolo elemento musicale, e del suo rapporto con una determinata impressione» che giunga a stabilire come «fondamento filosofico della musica» quali «necessarie determinazioni spirituali siano collegate con ogni elemento musicale, e in che rapporto stiano reciprocamente», In questi ed altri passi consimili, nettamente in contraddizione con lo spirito e la lettera di tutto il saggio, Hanslick si è molto probabilmente lasciato fuorviare dai primi studi di carattere positivis tico sull' acustica e la fisiologia dei suoni, di musicologi del suo tempo e in particolare di Helmholtz, Q'uesto ultimo mirava appunto, attraverso indagini che sotto la veste del1: assoluta scientificità nascondevano evidentemente precisi presupposti filosofici, a stabilire delle relazioni dirette e necessarie tra elementi musicali e sensazioni emotive, secondo  un rapporto di causa ed effetto. Fuorviare, nel senso che i suoi presupposti filosofici erano opposti a quelli di Helmholtz il quale implicitamente affermava una concezione espressiva e contenutistica della musica; era probabilmente l'atteggiamento analitico e scientifico di tali ricerche ciò che piu attraeva Hanslick.

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