Corso di estetica della musica a.s.2011 Prof.Andrea Clemente Potami

La forma sonata


Per la prima volta forse, nella forma-sonata la musica si organizza in un linguaggio sintatticamente complesso e non preso a prestito da altri linguaggi; la suite era strutturata secondo il modello delle danze, e quindi di una cerimonia sociale; il concerto grosso e quello solistico tripartito di tipo vivaldiano, pur avviando il processo di formazione di un linguaggio musicale autonomo, riflette le forme e gli stilemi del teatro melodrammatico. Solo la forma-sonata realizza per la prima volta compiutamente l'aspirazione ad una musica che parli un suo linguaggio in un ambito suo proprio; per usare una metafora letteraria si potrebbe dire che se l'invenzione dell'armonia ha posto le basi di una grammatica del linguaggio musicale, la forma-sonata ha creato non solo una sintassi, ma una struttura narrativa paragonabile al romanzo modernamente inteso. L'accusa che gli illuministi muovevano alla musica strumentale - di non riuscire a parlare, a comunicare, ad esprimersi in modo compiuto ma solamente a sfiorare i sensi - viene di fatto superata proprio nell'impianto linguistico e narrativo della forma-sonata. Ma cosi come il romanzo moderno nella sua parabola storica, pur in una struttura abbastanza omogenea, ha sviluppato diversi significati, diversi tipi di vicende, e si è fondato su presupposti etico-politici diversi e a volte contrastanti, cosi la forma-sonata, bitematica e tripartita, ha incarnato ideali musicali ed extramusicali radicalmente diversi.

La forma-sonata di Haydn è forse quella che più si avvicina agli ideali musicali dell'illuminismo. Haydn, come tutti i grandi, ha offerto il destro alle interpretazioni più diverse se non opposte: è stato visto come il vertice della musica rococò, come l'ultima grande espressione della frivolezza galante e di uno stile musicale legato indissolubilmente ad un'aristocrazia al tramonto, ma è stato con ottime argomentazioni visto come la rinascita del fiamminghismo, del cerebralismo, di un ferreo e spesso arido ordine razionale, estraneo a qualsiasi motivazione emotiva o sentimentale; ed ancora si è voluto vedere nella sua musica la prima espressione dell'atmosfera stùrmeriana che andava diffondendosi in Europa dopo il 1770. Goethe in "Kunst und Altertum" ne da una definizione che può essere citata in appoggio alla tesi di un Haydn apollineo e forse illuminista: «La perfetta armonia che esprime il suo genio non è null'altro che la tranquilla risonanza di un'anima nata libera, chiara e casta», e ancora: «Le sue opere sono il linguaggio ideale della verità: ciascuna delle parti è necessaria all'insieme di cui sono parte integrante pur vivendo di vita propria». Probabilmente Haydn è stato tutte queste cose insieme: razionalità e fantasia, frivolezza o meglio piacevolezza galante e rigore formale, inquietudine pre-romantica e chiarezza della ragione, non perché sia stato un eclettico o un epigono, ma piuttosto perché la sua complessa personalità ha rappresentato un momento riassuntivo di esigenze e aspirazioni anche contrastanti espresse proprio dall'illuminismo. Non bisogna dimenticare infatti che è stato proprio il secolo dei lumi che ha scoperto e rivalutato la fantasia e l'invenzione come valore autonomo, il genio come libera forza creativa dell'artista, il linguaggio del sentimento e delle emozioni come momento fondante del linguaggio della ragione e prioritario rispetto ad esso. Se nella forma-sonata di Haydn vi è un'evidente aspirazione alla clarté (chiarezza) e vi è un forte senso della razionalità che attraverso il meccanismo modulante controlla in modo ferreo ogni parte della composizione con un rigore logico ineccepibile, è pure presente in perfetto equilibrio la gioia dell'invenzione tematica, una fantasia inesauribile nel dar vita a nuovi temi che sembrino sgorgare uno dall'altro. Haydn non è un musicista dialettico: i temi non sono mai contrapposti, lo sviluppo non è un campo di battaglia, la ripresa non risolve alcun conflitto, Haydn ha invece il dono del saper discorrere e conversare. Il quartetto è lo strumento principe attraverso cui si realizza questa capacità di colloquiare che si rivela soprattutto nello sviluppo: un colloquiare che non è lo scambio futile di battute in un salotto, o il piacevole o distratto brusio attorno ad una mensa imbandita. Haydn è un sapiente narratore e la struttura della forma-sonata è finalizzata alla costruzione di un racconto denso, con vari personaggi e vicende complesse con un inizio e una fine. Il romanzo-sonata va seguito passo passo dall'ascoltatore con attenzione, rincorrendo le varie fasi attraverso cui si snoda la vicenda. In questo romanzo, come in tutti i romanzi del Settecento è implicito un insegnamento, uno sfondo etico che regge la vicenda: una lezione di severità e di serietà morale. La fede nella ragione costruttrice, nella coerenza del discorso, nel valore del proprio lavoro artigianale, ed infine nella capacità della musica di reggersi autonomamente come discorso pienamente valido senza bisogno di ricorrere ad espedienti a virtuosismi di sorta, emotivi o tecnici. Ancora Goethe scrive acutamente di Haydn che «fa senza esaltazione ciò che fa» con «innocenza e ironia», lontano dai turbamenti e dalle improvvise malinconie dello Sturm und Drang, come dal pathos mozartiano.
Forse che questo ideale artistico, questa poetica musicale non sarebbe condivisibile dalla maggior parte degli illuministi, da coloro che chiedevano all'arte di essere seria e non un frivolo divertimento, di comunicare la verità, impegnare la mente e il cuore e non accarezzare i sensi, di rispettare la ragione pur in un suo specifico dominio musicale, che non fosse una semplice imitazione o ripetizione del linguaggio discorsivo?
La forma-sonata quale troviamo nei quartetti dell op. 33, dell'op 54 o 76, o le sinfonie scritte dopo il 1780 non realizza ed illustra forse meglio di molti trattati filosofici ed estetici questo ideale di un'arte discorsiva, in cui fantasia e ragione trovano il più equilibrato, anche se instabile e provvisorio, punto d'incontro?
Si comprende così come con Haydn lo sviluppo tenda a dilatarsi sino a diventare nelle opere più mature il centro e il fulcro della composizione: esso diventa il luogo in cui si spiegano, si illustrano le affermazioni esposte nei temi. I temi hanno ben raramente carattere contrastante, tanto che alcuni critici hanno definito la forma-sonata haydniana come fondamentalmente mono-tematica. In realtà ciò che differenzia in modo più vistoso la sonata di Haydn da quella di Mozart è proprio la diversa natura dell'invenzione tematica.
In Mozart i temi hanno sempre il rilievo di protagonisti, quasi due caratteri e personaggi diversi: da essi si origina quel confronto che si manifesta nello sviluppo, dove appariranno come innalzati su un ideale palcoscenico; in Haydn i due temi, ma a volte i tré o quattro temi, scaturiscono uno dall'altro preannunciando già lo sviluppo. Non vi è mai l'intenzione di contrapporli, polarizzando la vicenda su questi due personaggi, ma piuttosto di avviare un discorso in cui secondo un criterio di concatenazione logica, logica musicale s'intende, da una frase principale scaturiscano delle secondarie, o subordinate.
Dopo l'ultima grande costruzione intellettuale musicale, il fugato bachiano, ancora nell'orbita del contrappunto e della polifonia, rifiutata dagli illuministi come residuo dell'aborrita gótische (gotici=medievali) barbarici, come irrazionale sovrapposizione di discorsi diversi e contrastanti, il barocco e il rococò avevano creato una formula sostanzialmente ripetitiva in cui la varietà veniva ottenuta attraverso l'ornamentazione e i diversi piani timbrici e dinamici. La forma-sonata haydniana, narrativa e non dialettica, ripropone in termini moderni e si potrebbe dire illuministici l'ideale di un solido linguaggio musicale, aperto alle più affascinanti avventure dello spirito, capace di piegarsi dolcemente all'espressione dei sentimenti più complessi, all'interno di una struttura logica, comprensibile ad ogni uomo dotato di ragione.
Ma la forma sonata ha una storia che va più in là dell'illuminismo ed infatti è dotata per sua natura di una duttilità, di una capacità di mutazione e di trasformazione, pur in una sostanziale fedeltà allo schema iniziale, da potere incarnare anche ideali musicali e culturali assai lontani ormai dalla propria origine illuministica.
Si potrebbe dire che la struttura della forma sonata conteneva già in sé i germi delle future tensioni di cui l'avrebbero caricata musicisti quali Beethoven: dalla struttura sostanzialmente discorsiva di Haydn e in fondo anche di Mozart, si è passati alla struttura drammatica e dialettica, in cui le tensioni si tendono sino alla lacerazione, in cui la diversità e la varietà tematica è sostituita dalla contrapposizione violenta; in cui l'imitazione degli affetti è sostituita dalla espressione nel senso più pieno del termine, dall'interiorità.
Per certi aspetti si potrebbe forse paragonare la forma sonata alla filosofìa kantiana: nata nell'illuminismo come filosofia che ne coronava le sue più profonde istanze, conteneva però già in sé i germi capace di metterlo in crisi. La gnoseologia kantiana, cosi come la sua etica, tendeva a stabilire una netta demarcazione tra quelli che erano i limiti e le possibilità della conoscenza e dell'azione dell'uomo; ma ben presto i romantici hanno interpretato la sua filosofia come un invito ad oltrepassare tali limiti entro cui l'uomo romantico si sentiva insoddisfatto e limitato nelle sue pretese. Cosi nella forma sonata la diversità tematica rappresentava la condizione per poter elaborare una ragionevole struttura narrativa, articolata e sufficientemente complessa; cosi la ripresa stava a significare, dopo lo sviluppo, la fiducia in un felice scioglimento della vicenda narrata. Ma la sonata beethoveniana va ben oltre: il dramma esposto nello sviluppo non ha semplicemente un felice esito nella ripresa: la ripresa dei temi iniziali porta qualcosa di più e di diverso rispetto all'esposizione; è un invito ad andare oltre, mostrando come dalla contrapposizione drammatica dei temi, dalla loro tormentata avventura nello sviluppo, possa scaturire qualcosa di assolutamente imprevedibile, una novità, una situazione musicalmente e concettualmente nuova.
La ripresa ci porta, usando un linguaggio filosofico preso in prestito più da Hegel che da Kant, un superamento. Il riconoscimento della nascosta affinità e profonda parentela dei due temi è percepibile solo al loro riapparire nella ripresa, dopo il confronto drammatico dello sviluppo. Forse la filosofìa hegeliana o anche quella schellinghiana spiega meglio il significato concettuale della forma sonata come viene configurandosi all'inizio del romanticismo che non quella kantiana: lo schema tesi-antitesi-sintesi in fondo è il più adeguato a fornirci un modello metaforico della forma sonata beethoveniana che non la contrapposizione kantiana senso-ragione, necessità-libertà, fenomeno-noumeno; in Kant manca l'elemento dinamico, il senso del progresso, dell'evolversi di una situazione, della sua tensione dinamica.
La forma sonata rappresenta cosi un modello in cui ha potuto esprimersi quel momento storico cosi denso e problematico di passaggio dalla cultura illuministica a quella romantica; le sue trasformazioni interne incarnano forse con maggiore eloquenza di molti trattati teorici o filosofici, il travaglio di pensiero che ha caratterizzato gli ultimi decenni del Settecento: Haydn e Beethoven sono stati non solo i due più significativi testimoni delle vicende musicali e culturali di quegli anni ma gli stessi artefici e protagonisti di quei mutamenti. Perciò la forma sonata può essere considerata un po' come l'incarnazione sul piano artistico delle più profonde esigenze del delicato momento di trapasso dall'illuminismo al romanticismo.

COLLEGAMENTI

Origine e sviluppo della forma sonata 

Haydn e Mozart
 Giorgio Pestelli, uno dei più noti e apprezzati musicologi italiani, parla dello Stile Classico di Haydn e Mozart. Il momento nel quale in un certo senso nasce il concetto di "musica classica" come lo intendiamo oggi, un ideale di perfezione formale, di equilibrio, che rende all'ascolto una naturalezza quasi sovrumana. Nella Vienna di fine Settecento tutte le classi sociali "parlano la stessa lingua" musicale. Per un musicista operante in questo contesto il linguaggio musicale doveva senza dubbio apparire come un dato "naturale", privo di ogni artificiosità: tutti lo parlavano e tutti erano - a gradi differenti - in grado di comprenderlo. Il miracolo dell'arte di Haydn e Mozart è nella capacità di prendere questo linguaggio così "naturale" e di farlo diventare grande arte.



Giovanni Bietti parla di Beethoven e Schubert, i due grandi viennesi di inizio Ottocento, sono morti ad un solo anno di distanza ma non potrebbero essere più diversi nel carattere e nel linguaggio musicale: Beethoven sviluppa il trascinante e spettacolare “Stile Eroico”, drammatico, pregnante, e giunge con la Nona Sinfonia addirittura all’universalità, al desiderio di parlare attraverso la musica ad ogni popolo della Terra. Schubert al contrario è lirico, intimo, sospeso; molte delle sue composizioni non furono nemmeno eseguite durante la sua breve vita. Beethoven elaborava le sue opere principali per anni, in una sorta di sofferto, travagliato, elaboratissimo processo creativo; Schubert componeva in una sorta di trance, scrivendo a volte anche sei o sette grandi capolavori in un giorno. Eppure l’immediatezza e la forza comunicativa della musica di Beethoven sono insuperate, mentre la profondità e novità delle grandi composizioni schubertiane lascia ancora oggi stupefatti. Attraverso numerosi esempi musicali, sia registrati che suonati al pianoforte, la Lezione prenderà in esame queste ed altre caratteristiche della musica dei due grandi compositori, addentrandosi nel loro linguaggio e nella particolarità ed unicità del loro stile per permettere al pubblico di apprezzarne più a fondo la bellezza e la straordinaria attualità.