Tutti i filosofi romantici assegnano alla musica una posizione particolare e anche se non sempre la pongono alla sommità della gerarchia, tuttavia le attribuiscono speciali privilegi. Bisogna aggiungere ancora che le gerarchie delle arti, i «sistemi delle belle arti» nella filosofia romantica hanno un significato assai diverso che nel secolo precedente. Nel Settecento si trattava per lo più di semplici scale di valore in cui ogni arte occupava stabilmente il suo gradino per i suoi meriti, in relazione al fine che si riteneva dovesse realizzare l'arte in generale. Spesso invece nel romanticismo, le varie arti vengono poste in relazione dialettica 1'una rispetto all'altra, per cui si creano tensioni interne, segrete corrispondenze fra arti diversissime e opposizioni destinate a risolversi; non è più cosi semplice stabilire quale arte sia superiore ad un'altra e non sempre la posizione nel sistema e determinante a questo fine. Ogni sistema va attentamente esaminato per poter capire il significato della gerarchizzazione. Per questi motivi è di notevole interesse l'estetica di Schelling per la particolare posizione da lui assegnata alla musica,nel suo complesso e un po' macchinoso sistema delle arti .
L'arte, per Schelling, è rappresentazione dell'infinito nel finito dell'universale nel particolare, oggettivazione dell assoluto nel fenomeno. Le arti allora possono distinguersi a seconda del particolare in cui si oggettiva l'infinito, cioè del finito in cui s'incarna. Si hanno cosi due tipi di arte o due diversi gruppi di arti, l'uno reale, l'altro ideale, a seconda che in essi si manifesti il lato reale, oggettivo, fisico oppure il lato ideale, soggettivo e spirituale; da una parte avremo le arti figurative, dall'altra le arti della parola.
Tra le arti figurative, quelle che presentano «l'aspetto reale del mondo dell'arte» troviamo la musica che forma una triade insieme alla pittura e alla plastica(scultura). Schelling stesso si rende conto del carattere insolito di questo accostamento per niente consono alla tradizione, ma è portato dallo spirito del sistema a questa particolare sistemazione delle arti che rispecchia lo schema generale della sua filosofia. La musica infatti va compresa fra le arti figurative perchè come arte reale è legata alla materialità fisica del suono, figurativo non va qui inteso nel senso di figurare oggetti ma nel senso del riferimento alla materia, a ciò che è figurabile, che si può forgiare.
"la natura sonora" può essere nuovamente posta al gradino più basso; infatti essa è l'arte più fìsica tra le arti fìsiche, è quella che è più direttamente a contatto con la materia inorganica priva di forma, cioè,con il suono. Perciò ci pone a contatto con la natura nel suo aspetto più primordiale e immediato. Ma ad un esame più attento la concezione schellinghiana si rivela più complessa e ambigua. Schelling, individua nella musica tré elementi, ritmo, modulazione, armonia e melodia; ma essi ripetono all'interno della musica la divisione del suo intero sistema, e cioè il ritmo rappresenta l'elemento reale, la modulazione quello ideale e la melodia insieme con l'armonia, la sintesi o l'unità dei due. Ma il ritmo el elemento di gran lunga più importante, tanto che si può dire che «il ritmo è la musica nella musica». Infatti «la forma necessaria della musica è la successione. Perciò il tempo e la forma generale della figurazione dell'infinito nel finito ma in quanto forma è astratta dalla realtà. Il principio del tempo nel soggetto è l'autocoscienza, la quale per l'appunto è 1'immagine dell'unità delle coscienze nella molteplicità, nel ideale». Queste affermazioni mettono in luce caratteri della musica che sembrano essere del tutto in contrasto con quanto si era detto prima. La musica come puro ritmo coglie 1'universo nel suo aspetto più elementare, ma anche come mera forma, per cui se da una parte la musica è l'arte che è più vicina alla materia, dall'altra può dirsi anche l'arte più astratta e spirituale, in quanto riproduce il puro movimento (il ritmo cosmico, il divenire delle cose, l'unità della molteplicità). «La musica - afferma Schelling - è l'arte più lontana dalla corporeità, in quanto ci presenta il puro movimento come tale, prescindendo dagli oggetti e viene trasportata da ali invisibili quasi spirituali». La musica si trova cosi i bilico tra la pura sensibilità e la spiritualità, tra la materia ancora allo stato bruto e la pura forma. Il concetto di temporalità è centrale perché attraverso di esso Schelling può stabilire quel nesso con cui riconduce la musica alla struttura della coscienza; ...infatti il ritmo che rap.........
L'essenza stessa della musica è l'unità nella molteplicità così come la coscienza è il punto d'incontro della molteplicità dei nostri stati d'animo. Tale tema è destinato nell'estetica musicale ad una grande fortuna, e Hegel svilupperà ampiamente ciò che in Schelling è solo uno spunto felice anche se preciso.
Addentrarci più in profondità nell'estetica musicale di Schelling ci porterebbe ad ampliare troppo il discorso date le strette connessioni con tutta la sua filosofia. Ciò che qui premeva indicare è anzitutto il carattere dialettico(unità) del suo sistema delle arti, che permette di collocare la musica in una luce del tutto nuova rispetto alla tradizione e ancora l'accentuazione della dimensione temporale della musica come suo aspetto costitutivo(musica come realtà dialettica e elemento ritmico). La musica, «la forma d'arte in cui l'unità reale come tale si fa potenza e simbolo» è il ritmo stesso dell'universo, reso percepibile proprio grazie alla solidarietà che essa ha con l'animo umano; non per nulla Schelling si richiama a Pitagora e a Leibniz: l'anima infatti può concepirsi come coscienza della successione o della temporalità. La musica in questa complessa dottrina è pertanto concepita come rivelazione dell'Assoluto nel momento della sua genesi, arte doppiamente privilegiata per il suo rapporto originario con le strutture elementari ma essenziali da una parte dell'universo, dall'altra della nostra coscienza.
Hegel
Nella rigida architettura della filosofìa hegeliana anche la musica ha un suo posto ben preciso. Nell'Estetica pubblicata postuma nel 1835, Hegel stabilisce nello sviluppo dell'arte tre tappe fondamentali (arte simbolica, classica, romantica) a cui corrispondono altrettante determinazioni necessarie. Tutta l'arte, come prima tappa dello spirito assoluto verso la sua realizzazione ultima, ha come fine l'espressione dell'Idea, ma nella forma dell'intuizione sensibile. L'arte quindi ha bisogno di un materiale esterno in cui oggettivare il suo contenuto spirituale.
L'architettura, che rappresenta l'arte simbolica, è l'inizio dell'arte. Qui l'arte, «alla sua origine, non trovando per la rappresentazione dell'elemento spirituale che racchiude, nè i materiali adatti, nè la forma corrispondente, deve limitarsi a dei tentativi per raggiungere una effettiva armonia dei due termini, e accontentarsi di un tipo di rappresentazione in cui essi rimangono estranei l'una all'altro. I materiali di questa prima arte sono forniti dalla materia propriamente detta, non animata dallo spirito, ma pesante e foggiata solo secondo le leggi della gravità». L'arte classica, l'arte vera e propria, si manifesta nella scultura. «Il principio basilare che guida le sue rappresentazioni è l'individualità spirituale che costituisce l'ideale classico. Essa lo rappresenta in modo tale che l'elemento interiore o spirituale sia presente e visibile nell'apparenza corporale immanente allo spirito... »nella statuaria greca si rappresenta il divino come umano.
La terza forma di arte, quella romantica, che non rappresenta più l'assoluto in una forma esteriore, ma la cui forma è «la soggettività, l'anima, il sentimento, nella loro infinità e nella loro particolarità finita», si concretizza in tre tipi di arte, tra loro in rapporto dialettico: pittura, musica, poesia.
La pittura manifesta ancora lo spirito per mezzo dell'apparenza visibile, «ma la vera essenza di quest'arte è la soggettività particolare, l'anima distaccata dalla sua esistenza corporale per ripiegarsi su se stessa, la passione e il sentimento in ciò che hanno di più intimo... ».pittura-> puro sentimento.
La musica pur nella stessa sfera della pittura - cioè come arte romantica - tuttavia «è in opposizione con la pittura. Il suo elemento proprio è la stessa interiorità, il sentimento invisibile o senza forma, che non può manifestarsi in una realtà esterna, ma solamente per mezzo di un fenomeno esteriore che scompare rapidamente e si autocancella.(musica-> direttamente espressione del sentimento interiore) Per cui l'anima, lo spirito, nella sua unità immediata, nella sua soggettività, il cuore umano, la pura impressione, tutto ciò costituisce l'essenza stessa di questa arte».
Al vertice di questa gerarchia sta la poesia, «la vera arte dello spirito, quella che manifesta lo spirito in quanto spirito. Infatti tutto ciò che la coscienza concepisce, che elabora con il pensiero nel mondo inferiore dell'anima, solo la parola può ricevere, esprimere e rappresentare. Pertanto ciò che guadagna dal punto di vista delle idee, lo perde dal lato sensibile. In effetti non si rivolge ne ai sensi come le arti plastiche, ne al semplice sentimento come la musica... ».
Il mezzo fisico in cui si esprime, cioè il suono, la parola, «non conserva più il valore di oggetto sensibile, in cui l'idea può trovare la forma più conveniente... Il suono non conserva, più, come nella musica, un valore di per sé, che l'arte debba foggiare come obbiettivo, in cui si esaurisce. Il suono deve essere qui penetrato dall'idea, riempito da un determinato pensiero che esso esprime e deve apparire come semplice segno di questo contenuto».
La poesia si presenta dunque, nel sistema hegeliano, al vertice delle arti, come l'arte più universale, ma proprio per questo in un certo senso non è più arte; rappresenta il primo sintomo della morte dell'arte, un punto di transizione, in cui l'arte incomincia a dissolversi per lasciare il posto alla religione e alla filosofia. Il carattere di maggiore spiritualità della poesia rispetto alle altre arti costituisce allo stesso tempo il suo pregio e il suo difetto, in quanto arriva a negare il suono come elemento sensibile. Si può quindi concludere che, rimanendo nell'ambito dell'arte vera e propria, la musica riesce più d'ogni altra a esprimere l'interiorità nella forma del sentimento soggettivo, in una forma ancora sensibile, il suono. Partendo dall'architettura fino alla musica si ha sempre una maggiore forza espressiva, una sempre maggiore capacità di astrazione e un crescente potere sul sensibile fino ad assoggettare completamente la materia nella musica e a negarla poi nella poesia.
La gerarchizzazione delle arti assume in Hegel un significato del tutto diverso rispetto alla gerarchizzazione in voga nella cultura estetica illuministica, dove ogni arte indipendentemente dalle altre doveva avere un posto a sé, che le veniva assegnato a seconda delle funzioni cui assolveva. Ogni arte sussisteva accanto all'altra in un rapporto di indifferenza reciproca. La gerarchizzazione hegeliana e romantica in genere ha un altro valore: le arti vivono in un continuo rapporto di tensione, tutte convergono verso un punto, in genere rappresentato dalla musica, l'ideale cui aspira ogni arte. Inoltre nella filosofia hegeliana le arti stanno fra loro in un rapporto dialettico: una esclude l'altra, non in un senso storico ma su di un piano ideale e necessario.
Nella struttura generale della filosofia di Hegel, la concezione della musica è dichiaratamente romantica, anche se presenta ancora dei residui illuministici - come ad esempio la predilezione per la musica vocale - che trovano una ragione più nei suoi gusti artistici e nella sua scarsa competenza musicale che in una attitudine speculativa vera e propria. Ma nella sua opera sono presenti anche dei germi, degli spunti che forniranno in futuro motivo d'ispirazione a estetiche molto lontane dal suo ambito speculativo.
Si è visto come la musica sia, secondo Hegel, rivelazione dell'assoluto nella forma del sentimento. La musica può esprimere sia sentimenti particolari, soggettivi, sia il sentimento in sé; ha quindi una «doppia interiorità». Da qui nasce quella ambiguità nell'estetica musicale hegeliana per cui si può pensare che da essa prendano origine idealmente le due correnti opposte dell'estetica musicale dell'Ottocento: l'estetica del sentimento e il formalismo. Hegel non si stanca di ripetere che la musica deve esprimere l'interiorità, «che il suo elemento fisico è il suono», il mezzo attraverso cui esprime il suo contenuto spirituale, per cui può esprimere «tutti i sentimenti particolari, tutte le sfumature della gioia, della serenità spirituale, l'allegria e ogni capriccio, gli slanci dell'animo, cosi come può percorrere tutti i gradi della tristezza e dell'ansia. Le angosce, i crucci, i dolori, le aspirazioni, l'adorazione, la preghiera, diventano il dominio proprio dell'espressione musicale».
Fin qui sembra che la musica abbia infinite possibilità espressive e che il suono si adatti docilmente nella sua inerzia ai voleri del musicista. Ma le cose si complicano quando Hegel afferma che la musica, l'arte più espressiva, posta quasi al vertice della gerarchia, ha caratteristiche tali per cui si potrebbe da un certo punto di vista avvicinare all'architettura, l'arte più bassa nella sua scala gerarchica. Entrambe foggiano il loro materiale secondo le leggi della quantità e della misura, e non hanno nessun modello nel mondo naturale. Ma vi è una differenza fondamentale: «l'architettura si serve della massa fisica pesante, della sua spazialità inerte e delle sue forme esteriori. La musica invece si serve del suono, quest'elemento animato pieno di vita, che si affranca dall'estensione, che mostra differenze tanto qualitative che quantitative, e si precipita nella sua rapida corsa attraverso il tempo. Per cui le opere delle due arti appartengono a due sfere dello spirito completamente diverse. Mentre l'architettura eleva le sue colossali immagini che l'occhio contempla nelle loro forme simboliche e nella loro eterna immobilità, il mondo rapido e fuggitivo dei suoni penetra immediatamente, attraverso l'orecchio, nell'intimo dell'anima...». La differenza, potremmo dire, consiste nel fatto che l'architettura è un'arte spaziale mentre la musica è un'arte temporale, e che la spazialità è l'elemento più eterogeneo con la natura dell'anima umana, con la soggettività che è essenzialmente pura temporalità. C'è quindi un'affinità particolare tra il suono e l'interiorità dell'anima come un fatto originario, insito nella stessa natura del suono, da cui deriva alla musica il suo privilegio rispetto alle altre arti: «la potenza propria della musica è qualcosa di elementare; vorremmo dire che essa risiede nell'elemento stesso del suono nel quale si muovequest'arte». La musica sarebbe quindi l'unica arte in cui i non avviene nessuna separazione tra « i materiali esteriori e i l'idea, come avviene invece nella poesia in cui la rappresentazione si mostra indipendente dai suoni della parola». Potremmo dire forse senza tema di forzare il testo che nella 3 musica c'è un'identità tra la forma (i suoni nella loro temporalità) e il contenuto (lo spirito come sentimento). Nella musica tende a scomparire l'alterità tra soggetto e oggetto nel flusso della coscienza. «L'io è nel tempo e il tempo è l'essere del soggetto. Ma posto che il tempo e non lo spazio è l'elemento essenziale in cui il suono acquista esistenza e valore musicale, e che il tempo del suono è anche il tempo del soggetto, il suono penetra nell'io, lo afferra nella sua esistenza semplice, lo mette in movimento e lo trascina nel suo ritmo cadenzato... ». Ma il tempo della musica non è un fluire indeterminato; la musica ha essenzialmente il compito di ordinare il tempo, di «determinarlo, imporgli una misura, e ordinare questa successione secondo la legge di questa misura». Anche l'io non è una continuità indeterminata, «la durata senza fissità; esso non ha una vera e propria identità fino a che non raccolga i momenti sparsi della sua esistenza e operi un ritorno su se stesso».
Questo ritorno su se stesso, questo riconoscimento della propria identità profonda, l'io può operarlo grazie alla temporalità della musica che esercita una funzione unificatrice, regolatrice, catartica rispetto al tumulto disordinato della nostra vita sentimentale. Temporalità dunque tutta inferiore, che non ha nulla a che vedere con la regolarità dei fenomeni che si presentano nella natura, che la musica non prende come oggetto di imitazione; l'io si ritrova, si riconosce nella musica nella sua essenza semplice e più profonda, liberandosi « da quel mutamento e movimento proprio alle esistenze puramente esteriori».
Il compito della musica, dopo queste precisazioni, risulta non più tanto quello di esprimere le emozioni, i sentimenti particolari, ma piuttosto di rivelare all' anima la sua identità, «il puro sentimento di se stessa» ", grazie all'affinità della sua struttura con la struttura stessa dell'anima. La musica «deve elevare l'anima... al di sopra di se stessa, deve farla librare al di sopra del suo soggetto e creare una regione dove, libera da ogni affanno, possa rifugiarsi senza ostacoli nel puro sentimento di se stessa... Non si tratta più dello sviluppo di un sentimento particolare, dell' amore, del desiderio, della gioia...; è l'interiorità dell'anima che domina tutto, che si rasserena nel suo dolore come nella sua gioia, e che gioisce di se stessa».
Queste analisi sulla temporalità della musica costituiscono la parte di gran lunga più interessante del testo hegeliano, soprattutto per le possibilità di sviluppo futuro che presentano. Alcuni dei temi qui trattati con opportune modificazioni per il mutato orizzonte filosofìco, diventeranno propri della futura estetica formalistica. Il lato costruttivo, architettonico, della costruzione musicale, la sua affinità con la struttura stessa dell'essere, che rende la musica capace di esprimere non più i sentimenti individuali e particolari, ma piuttosto di simboleggiare la pura interiorità come tale, astratta dai suoi contenuti, tutti questi concetti sono presenti in qualche modo nell'estetica hegeliana, anche in contraddizione con la tesi prevalente per cui la musica è espressione di sentimenti. Tuttavia considerati nell'ambito dell'idealismo romantico confermano e rafforzano la concezione della musica come espressione privilegiata rispetto alle altre espressioni artistiche, rivelazione dell'assoluto nella forma del sentimento.
Questo spiraglio aperto verso una concezione formalistica della musica si concreterà ben presto in una possibilità effettiva, in una alternativa fondamentale che rappresenterà uno degli sbocchi più naturali del pensiero romantico. Il grande antagonista di Hegel, Schopenhauer, compirà ancora un altro passo in questa direzione, sviluppando organicamente alcuni spunti già contenuti nell'estetica hegeliana.
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